domenica 3 febbraio 2013

Mesi dopo...

Lo so. Lo so, davvero. Però le scuse le ho. Non penso che qualcuno verrà a leggere queste righe ma fa nulla, per correttezza le scrivo. Sono stati mesi di cambiamenti. Sto affrontando la maturità ed era già un casino così a settembre. Sarebbe potuto bastare. E invece no
Sono stata tradita dal ragazzo con cui stavo da tre anni, il quale, merda, si arrogava anche il diritto di essere perdonato senza che io battessi ciglio. "Rafforza il rapporto"... Un cazzo. Non me l'ha neppure detto lui, l'ho dovuto scoprire. E' stato difficile considerato che tutte le mie prime esperienze le avevo fatte con lui. E poi c'era l'abitudine. Non ho pianto subito. Ho buttato tutti i regali, sia dalla finestra che nella spazzatura (se avessi buttato un bagnoschiuma pieno dalla finestra avrei avuto dei problemi: sotto c'è il parcheggio del supermercato). Per la crisi ho aspettato una settimana. E lì ho capito che non potevo stare male per uno stronzo del genere che, tra l'altro, si è subito rifatto. Quindi che ho pensato? Ma io sono single! Sfruttiamo la situazione! Ero elettrizzata: essere single a diciott'anni dopo una batosta del genere ti fa passare le peggiori stronzate, sia a casa che con gli amici. Devo dire che i miei amici sono stati fantastici: non mi hanno lasciato sola un attimo e mi hanno impedito di naufragare. Senza contare quella che adesso considero una sorella: siamo andate a sbronzarci a Natale ed eravamo così... ALLEGRE! 
Bè, nei programmi c'era di non legarsi più a nessuno. Per carità, ma che scherziamo? Dopo una cosa del genere avrei dovuto dare di nuovo fiducia a un maschio? Ahahahahhahahahahah
Ho avuto ben poco da ridere a distanza di un giorno. Sì, non era per niente programmato. E' andata così: ci parlavamo già da un pò io e... Come posso chiamarlo mantenendo la privacy? Io e S. Ecco. Poi... "Ti va di andare a prendere un caffè?" "Ok, dove?". E' andata così. Quando ho avuto la possibilità concreta di iniziare una nuova storia seria ero terrorizzata, giustamente direi dopo tutto ciò. Ho rimuginato qualche giorno. Per forza. Alla fine ho deciso. Dura da un pò più di un mese e io sono fiera di dire adesso che sto bene, sono felice e nonostante la maturità affronto ogni giorno perchè... Ho avuto culo alla fine. Non pensavo di innamorarmi di nuovo anzi ero decisa a impedirmelo ma non ci sono riuscita. Non con S. Quindi ho deciso di credere nel karma. Mi è successa una cosa orribile? Adesso mi sono guadagnata il meglio. 

domenica 2 settembre 2012

Avventure metropolitane


Una donna sottopeso e vestita male trascinava il figlio, un bel bambino paffutello, lungo la strada. Il piccolo era intento a sgranocchiare le patatine che prendeva dal sacchetto, quelle al ketchup, le sue preferite.
-Luca, e muoviti!- lo strattonò la donna.
Al bimbo cadde una patatina che aveva in mano, proprio vicino alla grata della fogna. Luca fece per fermarsi e raccoglierla, ma la madre lo tirò a sé.
-Che stai facendo?- gli chiese con un tono da gallina isterica, puntando i suoi freddi occhi rigetti in quelli caldi e scuri del bimbo.
-Volevo solo…-
-Vuoi prenderti l’influenza suina? O devo direttamente portarti all’ospedale? E poi sei già abbastanza in carne, non dovresti mangiare queste schifezze!-
La madre gli sfilò il sacchetto dalle mani con una rapidità da rapace. Gli occhi di Luca, che a cinque anni ignorava totalmente il presunto problema che avrebbe dovuto causargli un pancino rotondo, cominciarono a riempirsi di lacrime.
-Noooooooooo…-
Il bambino cercò di riafferrare il pacchetto, ma la madre lo buttò per terra vicino alla patatina caduta.
-Nooooooooooooooooooooo!- gridava Luca ormai in lacrime mentre veniva trascinato via di peso dalla madre.
Forse era la luce tremolante dei lampioni che gli fece vedere una mano bianca, come se fosse fatta dello stesso materiale della luna, che sollevava la grata della fogna senza fare il minimo rumore. Oppure le lacrime gli avevano annebbiato la vista, perché vide che la mano prendeva il suo sacchetto, lo portava all’interno della fogna con la grata che si chiudeva sempre nel massimo silenzio. Di certo se l’avesse detto alla madre, lei avrebbe tirato fuori qualche spiegazione assolutamente logica. Ma Luca già a cinque anni aveva un’idea precisa della realtà dei grandi e della realtà vera.
E? vecchio, ma che ve ne pare?

sabato 1 settembre 2012

Un'estate esplosiva

Non so da dove cominciare.
Forse è per il bene comune di questo blog che sappiate che io tengo diari, da sempre. L'ultimo è stato uno dei più tormentati. In realtà sono stati anni tormentati e, me ne sono resa conto troppo tardi, era solo colpa mia. Ero troppo impegnata a far cose che non volevo fare per guardarmi intorno e vedere la devastazione che mi lasciavo alle spalle.
Ho dovuto passare un'intera estate lontana da Julian perchè tornassi in me.
Bentornata ispirazione.
Bentornate idee chiare. 
Bentornata padronanza di me stessa.
Ce l'ho fatta.
A scanso di equivoci, nessuno ha messo le corna all'altro, altrimenti non saremmo neppure qui. Quindi eccoci a settembre... Anche se ho una fifa blu per quel che riguarda la scuola, sono contenta di essere qui.

Sono tornata

E presto vi dirò tutto ma non ora perchè devo andare dal corniciaio.

lunedì 18 giugno 2012

A chiazze

Bonsoir a tutti, da stasera ho deciso che sul mio blog non metterò più recensioni. E neppure le foto del compleanno, che in tutto sono più di 200 e non si caricherebbero mai. In compenso, metterò di più della mia vita. E per i libri, semplici consigli con nome dell'autore e titolo (il mio cervello non funziona se non leggo, scusate). Sono stata al mare, peccato che mi sono abbronzata a chiazze. =( 
Presto partirò per Parigi e sto rispolverando un pò di francese, anche se sono praticamente certa che dopo qualche giorno lì saprò destreggiarmi. Ce l'ho nelle vene, deve essere così. Scusate ancora se sono stata molto assente, è stata una fase, ma ora torno in me. =D
Au revoir! xoxo
Libro consigliato da leggere sotto l'ombrellone ma gli inguaribili romantici ma anche ironici: Per l'@more basta un clic di Rainbow Rowell
Libro consigliato a coloro che amano i gialli e non ne possono più dei vampiri alla Twilight: Ladra di sangue di Cherie Priest

lunedì 11 giugno 2012

Ma davvero non si capisce?

Non so. Ho deciso di postare il primo capitolo di quello che sto scrivendo. Finora le critiche sono state:
1. non si capisce!
2. ci sono troppe parolacce!


Tutto cominciò una fredda sera di maggio. Il vento sferzava le strade illuminate dagli eleganti lampioni, era sabato, e la gente passeggiava tranquilla, o leggermente ubriaca, a seconda dei casi. Una giovane ragazza americana si fermò a guardare il cielo rapita. Era carina, aveva un sorriso luminoso. Prese per mano Jack, il suo fidanzato, e lo tirò vicino a sé, baciandolo con passione.
-Calma, tigre!- la ammonì lui ridendo.
-Solo perché siamo a Parigi, la città più romantica del mondo e via dicendo, non significa che tu debba essere per forza così espansiva in pubblico!-
A Jack in realtà non dispiacevano le effusioni pubbliche della sua ragazza: in fondo Jennifer era un bel bocconcino e farsi vedere in giro con lei non poteva far altro che aumentare la sua popolarità.
-Non è solo per questo, tesorino- gli rispose lei sensuale, giocando con il bavero della camicia del ragazzo.
-Oggi facciamo due mesi. Non dirmi che non te lo ricordavi!- Jenny mise su il suo solito broncio, che la faceva apparire ancora più sexy, e lo guardò dritto negli occhi.
-Ma no, che dici, amore?-
Jack si riprese rapidamente dall’imbambolamento. Erano passati mesi da quando si era messo con lei eppure c’erano momenti in cui la guardava ancora con la faccia da tonto. Va bene, molto spesso le guardava fisso le tette. Era un adolescente arrapato, cazzo, era normale!
-Anzi, ti ho comprato questo- Jack tirò fuori dalla tasca della giacca bianca una scatolina, tutta ben infiocchettata.
-Jack!- trillò Jenny felice, -Davvero?!-
-Certo…- le rispose lui, insicuro su ciò che voleva dire. Sembrava un ragazzino impacciato, porca miseria!
-Però sediamoci su una panchina, non vorrei che ti cadesse qualcosa- riprese lui, indicandole un punto preciso, nell’oscurità.
-Come sei dolce!- esclamò la ragazza, dirigendosi felice nel luogo appartato, seguita a ruota da Jack.
Una volta seduta lui la rimirò da qualche metro di distanza. Voleva vedere bene la sua espressione quando avrebbe visto il suo regalo. Con i capelli neri, la camicetta bianca con le maniche a sbuffo e la gonna nera arricciata in fondo, il tutto riempito da un corpo di cheerleader, era incantevole. Su una caviglia sottile brillava qualcosa, un braccialetto forse, di cui Jack non si era mai accorto. Strano.
Jenny aveva appena aperto la scatoletta e per quanto il ragazzo si sforzasse di decifrare la sua espressione, non ci riuscì. La ragazza era immobile, con lo sguardo fisso sul suo regalo.
Jack si accorse solo in quel momento che stava trattenendo il fiato, soltanto adesso capiva quanto voleva che le piacesse quello che le aveva comprato.
Jenny tirò fuori con attenzione la catenina, fissandola intensamente. Era d’oro bianco, sottilissima, e aveva un ciondolo: un cuore piatto con incise sopra due lettere da una parte, JJ, e dall’altra 4 ever.
-Tutto qui?- il tono della ragazza era completamente cambiato.
Jack ebbe come l’impressione di sentire il suo cuore cadere da qualche parte, in remote profondità, e rompersi in mille pezzi. Lui era un dongiovanni, come aveva potuto ridursi così per una ragazza, sebbene bellissima? Eppure lo sentiva chiaramente: stava male. Malissimo. Pregò di non piangere ma a quanto pareva Chiunque-Ci-Fosse-Ai-Piani-Alti non stava prestando attenzione.
-Oddio, sei pure un frignone, non solo non sei abbastanza intelligente da comprare diamanti o qualcosa che una ragazza possa indossare senza vergognarsi, ma sei pure così senza palle!- lo aggredì Jenny.
Era vero che il ragazzo era ottenebrato dal dolore, ma gli sembrò di vedere chiaramente che i suoi occhi ora brillavano nell’oscurità, come quelli di un gatto. Perché cavolo aveva scelto quel posto lì, al buio, era diventato cretino?! Non c’era qualcuno che potesse vedere quello che lei gli stava facendo? Non sembrava neanche più Jennifer…
Jack sentiva uno strano sapore il bocca, cattivo. Stava sudando come una fontana, sebbene la temperatura fosse di certo scesa, e le gambe erano due budini.
-Ah, stavolta non mi dispiace neppure, tu sei uno di quelli che se lo meritano- Jenny schioccò le dita e improvvisamente apparve dalle tenebre una massa oscura, di forma vagamente umanoide. Sembrava una fiamma nera, con occhi rossi, che lo perforavano.
-Prendetelo- ordinò l’ombra con voce sepolcrale, un comando svogliato, e dal nulla apparvero due mastini neri, che sembravano molto simili al suo padrone, se non per il fatto che in essi si vedeva anche il bianco delle zanne.
-JENNIFEEER!- urlò Jack, tra le lacrime, prima che i cani infernali gli saltassero addosso, strappandogli i vestiti e dilaniando la sua carne. Trascinandolo per le braccia, dove avevano affondato i denti in profondità, lo portavano verso un buco. Perché non sembrava altro che questo, finchè non vide l’ombra inquietante sprofondarci dentro. Cazzo, non era un buco qualsiasi! Cercò di urlare e di divincolarsi, ma nessuno lo sentì, anzi, i cani strinsero più forte la presa. Jack ululò ancora più forte, in preda alla disperazione e alla paura più totale.
-Sei proprio una femminuccia!- gli gridò contro Jenny, che improvvisamente torreggiava su di lui. Quell’apparizione gli bloccò le corde vocali giusto il tempo di notare che non sembrava più umana: le pupille erano come quelle di un gatto, il sorriso crudele rivelava due canini molto più lunghi del normale e tutt’intorno a lei vorticava qualcosa di scuro, facendole ondeggiare i capelli ed i vestiti, come se stesse sott’acqua.
-Divertiti all’Inferno, tesoruccio-
Le ultime parole di Jack su questa Terra furono: -Brutta troia che non sei altro!-
L’ultima cosa che vide fu la ragazza che aveva amato che buttava con forza il suo regalo sul marciapiede, e poi se ne andava, come se non fosse successo nulla. Quello fece più male di tutti gli insulti del mondo.
Quella stessa notte, mentre Parigi continuava la sua vita notturna incurante dei problemi altrui, per esempio di un ragazzo innocente che veniva trascinato all’Inferno, qualcuno passò per quel vicolo maledetto. Nessuno la notava, era una figura minuta che sembrava compattarsi al resto della folla: cappottino lungo e grigio, cappello calcato sul viso nel quale erano raccolti i capelli e gli occhi nascosti da un paio di occhiali da sole enormi. Quello sarebbe potuto sembrare strano, ma nessuno si soffermava troppo con lo sguardo su quell’aspetto bizzarro. Tuttavia quella persona che sembrava così insignificante annusò l’aria passando di lì e sentì l’inconfondibile odore di zolfo. Borbottò qualcosa tra sé e abbandonò la strada illuminata, per avvicinarsi alla panchina. Passò le dita sul legno. Niente. Abbassò giusto un po’ sul naso, tipicamente francese, gli occhiali scuri per vedere meglio sotto alle fronde di quell’albero.
-Ah-ah!- esclamò soddisfatta. Aveva trovato il segno. Un cerchio di terra bruciata, poco distante da lì. Tutt’intorno l’erba era verde, solo lì no. Non aveva il coraggio di toccare quella parte: non si fidava mai troppo dei passaggi demoniaci, potevano essere aperti anche se non lo sembravano. E lei preferiva non ritrovarsi con un braccio putrido o incandescente che usciva da lì e la tirava giù. No, grazie, non faceva per lei. Rapidamente tirò fuori da uno dei tasconi del cappotto il suo I-phone, con il quale ottenne una foto piuttosto nitida del punto interessato. Riposto quello, tirò fuori una bustina di sale, una delle tante che si portava appresso, e con esso disegnò una croce sopra al cerchio d’erba bruciata. Mentre compiva questo procedimento con attenzione, sussurrò:
-Crux sancta sit mihi lux, non draco sit mihi dux. Vade retro satana, numquam suade mihi vana-. Dopo aver ripetuto a memoria quelle frasi per tre volte si allontanò furtiva, sistemando di nuovo gli occhiali scuri al loro posto. Prima di abbandonare quel luogo, era sola e non del tutto armata, per cui cominciava ad avere paura, vide brillare qualcosa in lontananza. Si guardò intorno. Nessuna presenza maligna in vista, a quanto pareva. Prese coraggio e si avvicinò, chinandosi a raccogliere la fonte di quel bagliore. Una collana. Già prima di toccarla ebbe come la sensazione di sapere che era collegata a quello che era successo quella sera. Quando la prese in mano un turbine d’immagini esplose nella sua testa, ma lei fu più veloce e ficcò subito in tasca la collana. Senza più esitazioni, corse verso casa, aspettando che a ogni incrocio saltasse fuori qualcosa che la trascinasse all’Inferno a fare compagnia al disgraziato di turno. Quando arrivò a casa, relativamente sana e salva, senza contare gli insulti di quelli a cui era andata addosso lungo la sua folle fuga e il sudore che sentiva colare da tutte le parti, fu subito accolta da una voce familiare.
-Che diavolo ti è successo?-

Pareri, please!